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Stereotipi di genere, tra neuroscienze e linguaggio

Stereotipi di genere, tra neuroscienze e linguaggio

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08 Febbraio 2018
Stereotipi di genere, tra neuroscienze e linguaggio

Relazioni pericolose e insostenibili leggerezze

Perché i pregiudizi di genere sono duri a morire anche se abbiamo forti ideali di parità fra i sessi?
Le neuroscienze ci dicono che c’è uno scollamento tra gli ideali (rappresentati nel cervello morale) e le nostre conoscenze sul mondo, che riflettono che cosa ci trasmettono i mezzi di informazione, la pubblicità, i libri di scuola, la politica, il mondo esterno. Il cervello, in particolare la corteccia prefrontale mediale, conserva sia informazioni apprese in modo dichiarativo (apprese verbalmente) che quelle apparentemente osteggiate, ma visibili nella realtà di tutti i giorni, e le utilizza per regolare il proprio comportamento e prendere decisioni.
La rappresentazione delle donne nel linguaggio quotidiano e dei media risulta oggi inadeguata rispetto al ruolo che esse detengono nella società.
Anche in relazione ai mutamenti legati al nuovo status delle donne, il linguaggio riveste una funzione di discriminazione invece di costituire uno strumento di integrazione delle differenze, indispensabile per favorire e riconoscere i cambiamenti culturali. Conoscere la funzione del linguaggio per la costruzione dell’identità di genere, acquisire cioè le conoscenze che ne permettono un uso responsabile e consapevole, rappresenta invece una delle competenze indispensabili per la formazione di una cittadinanza democratica e di uno spazio pubblico inclusivo.

  • Saluti
    • Diana Bracco
      Presidente Fondazione Bracco
    • Gianna Martinengo
      Fondatrice Women&Technologies
  • Interventi
    • Alice Mado Proverbio
      Neurobiologa, insegna “Neuroscienze Sociali ed Affettive” all’Università di Milano-Bicocca e dirige il laboratorio di elettrofisiologia cognitiva dell’Ateneo milanese dalla sua fondazione
    • Cecilia Robustelli
      Linguista, insegna all’Università di Modena e Reggio Emilia ed è collaboratrice dell’Accademia della Crusca e del MIUR
  • Modera
    • Daniele Manca
      Vicedirettore Corriere della Sera

Per iscriversi contattare Segreteria Fondazione Bracco (02 2177 2929 - segreteria@fondazionebracco.com ). Le iscrizioni verranno accettate fino ad esaurimento posti.

Materiale informativo
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Programma

Scopri l'agenda completa dell'evento, gli orari, i temi delle sessioni e i relatori principali.


Intervento di Alice Mado Proverbio
Ospiti/Relatori: Alice Mado Proverbio

Alice Mado Proverbio , Neurobiologa, insegna “Neuroscienze Sociali ed Affettive” all’Università di Milano-Bicocca e dirige il laboratorio di elettrofisiologia cognitiva dell’Ateneo milanese dalla sua fondazione

Pregiudizi di genere sono duri a morire anche se abbiamo forti ideali di parità fra i sessi e non siamo affatto “maschilisti”. Come mai? Le neuroscienze ci dicono che c’è uno scollamento tra gli ideali (rappresentati nel cervello morale) e le nostre conoscenze sul mondo, che riflettono cosa ci trasmettono i mezzi di informazione, la scuola, il mondo esterno.  Perché quando apprendiamo un’informazione che viola i comuni cliché di genere (per esempio che il comandante delle forze armate è una donna) proviamo comunque un senso di sorpresa (per quanto piacevole)? Un ruolo chiave in questo senso è giocato dalla corteccia prefrontale mediale, che rappresenta i pregiudizi, inclusi quelli di genere.

Perché è importante controllare che non ci siano bias di genere impliciti (gender bias) nelle pubblicità, nei libri di scuola, nelle parole usate dai leader politici, dalle autorità, dalle figure di riferimento, dagli insegnanti, dai genitori?

Perché non conta solo quello che si insegna verbalmente ma anche quello che si mostra con l’esempio, l’iconografia, l’abbigliamento, il linguaggio del corpo, le consuetudini, i contenuti cinematografici e le usanze che adottiamo inconsapevolmente? Le neuroscienze ci dicono che il cervello apprende e conserva sia informazioni apprese in modo dichiarativo (apprese verbalmente) che quelle apparentemente osteggiate, ma visibili nella realtà di tutti i giorni, e le utilizza per regolare il proprio comportamento e prendere decisioni. Per costruirci un’identità e per modellare le nostre aspirazioni, le nostre sicurezze e debolezze, il senso di chi siamo. Se la figura femminile viene costantemente rappresentata come delicata e docile, dotata di poca forza e capacità manageriali, queste informazioni faranno parte della semantica, così come la nozione che il ghiaccio è freddo e il fuoco è caldo.

Nel nostro laboratorio siamo in grado di misurare le risposte bioelettriche cerebrali al pregiudizio, in persone del tutto progressiste e con ideali di parità, che evidenziano come la semantica distorta dal pregiudizio, una volta insediatasi precocemente, abbia profonde radici nel nostro cervello. Ma questo si può cambiare


Intervento di Cecilia Robustelli
Ospiti/Relatori: Cecilia Robustelli

Cecilia Robustelli , Linguista, insegna all’Università di Modena e Reggio Emilia ed è collaboratrice dell’Accademia della Crusca e del MIUR

La rappresentazione delle donne nella società contemporanea appare inadeguata al nuovo ruolo che esse hanno assunto a partire dalla seconda metà del secolo scorso. Il linguaggio quotidiano e dei media riconosce solo occasionalmente la presenza delle donne, ne dà un’immagine stereotipata e legata a modelli culturali del passato,  individuando e insieme potenziando così una cultura che resiste al cambiamento e si avvia a diventare intollerante. Il linguaggio passa quindi a svolgere non più la funzione di potente strumento di inclusione e di integrazione delle differenze, indispensabile per favorire e riconoscere i cambiamenti culturali, inclusi quelli legati al nuovo status delle donne, ma di discriminazione, spianando la strada alla violenza di genere. Conoscere la funzione del linguaggio per la costruzione dell’identità di genere, acquisire le conoscenze che ne permettono un uso responsabile e consapevole, rappresenta invece una delle competenze indispensabili per la formazione di una cittadinanza democratica e di uno spazio pubblico inclusivo, capace di accogliere le differenze, da quella di genere a quella culturale, linguistica, di orientamento sessuale, senza trasformarle in diversità.

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